Successo per lo scrittore toscano Stefano Tofani con il suo libro “Sette abbracci e tieni il resto” all’Aperilibro Ragazzi di Carmagnola
C’è un momento nella vita, forse più di uno, in cui la nostra fantasia ci riporta perentoriamente a un passato che identifichiamo con l’età felice e lo scrittore toscano Stefano Tofani (pisano di nascita, da vent’anni lucchese di vita quotidiana) lo ha collocato nei suoi dodici anni, quando viveva sereno e spensierato, scorrazzando tutta l’estate in bicicletta, che posava solo per dedicarsi a infinite partite a pallone.
“Non so se i dodicenni di oggi riusciranno a ricordare i loro dodici anni come un’epoca felice. Oggi vivono fra troppi impegni (non sono ancora usciti dalla lezione di inglese che debbono andare a judo, poi fare il corso di astronautica e passare qualche ora al computer), ma per me sicuramente quel periodo lo è stato”, è stata la riflessione preliminare dell’autore di “Sette abbracci e tieni il resto”, presentato all’Aperilibro Ragazzi di gennaio.
Scrittore da sempre, “quando a scuola era il momento del tema sprizzavo felicità da tutti i pori”, si è ritrovato quasi inconsapevolmente a mettere nero su bianco una storia di un ragazzino di dodici anni, Ernesto, che con lo Stefano di 35 anni or sono ha ben poco in comune.
Ne è nato un libro -per l’appunto “Sette abbracci e tieni il resto” di Stefano Tofani, che è stato il protagonista della prima serata 2020 dell’Aperilibro Ragazzi del Gruppo di Lettura Carmagnola- che si è svolta nella sala Monviso della Cascina Vigna venerdì scorso, 10 gennaio.
A dialogare con l’autore, a fianco di Maurizio Liberti, è salita sul palco la “lettrice del mese”, Giulia Ingaramo, studentessa del Liceo Artistico (stessa scuola frequentata in passato da Stefano Tofani, prima di laurearsi in conservazione dei Beni Culturali) che ha esposto alla platea degli allievi delle scuole medie e superiori le peculiarità del libro, stimolando l’autore a sviscerare i punti più interessanti del volume a cominciare dal titolo, che può sembrare criptico, ma ha una sua logica inoppugnabile.
“Gli abbracci sono portatori di benessere e sono il miglior antidepressivo esistente. Abbracciarsi significa sviluppare un ormone importante per la felicità e soprattutto abbassare la pressione sanguigna. Ernesto vive a stretto contatto con la nonna, la persona cui è più legato, e gli abbracci sono una merce di scambio fra loro. Per una caramella ricevuta, Ernesto dà un abbraccio alla nonna, un cioccolatino vale due abbracci, un piatto di pasta sono tre abbracci. Una gita al mare sono cinque. E quando la nonna lo porta in spiaggia e vorrebbe i cinque abbracci pattuiti, generosamente Ernesto le concede sette abbracci e le lascia in omaggio il resto dei due in surplus”.
Bravissimi a disincagliarsi dal raccontare troppo dello sviluppo della storia, che ha risvolti gialli con un finale ricco di colpi di scena (che Giulia e Stefano hanno discusso privatamente fra loro), la “lettrice designata” e lo scrittore hanno condotto il pubblico attraverso le pagine del libro.
Regalandoci uno stuzzicante affresco di Ernesto, un ragazzino che non può più giocare a pallone e andare in bicicletta in quanto azzoppato da un incidente d’auto in cui è morta l’amatissima nonna, l’unico adulto che sembrava comprenderlo perfettamente.
Ernesto si accompagna stoicamente al suo handicap; e agli occhiali troppo spessi che lo fanno bullizzare dai compagni che lo chiamano “Quattrocchi”; è innamoratissimo di Martina, una compagna di scuola ai cui occhi è assolutamente trasparente, ma che sarà protagonista del finale della storia, quando la ragazzina misteriosamente scompare, ed Ernesto diventerà l’eroe forte e vittorioso (quasi da saga greca) della vicenda.
Scritto con stile leggero e ironico, insito nelle penne dei migliori autori toscani, Stefano Tofani in “Sette abbracci e tieni il resto” non insegue la chimera di usare il linguaggio dei ragazzi di oggi (che probabilmente farebbe invecchiare le pagine in pochissimo tempo), ma costruisce una storia solida e aderente alla realtà: i genitori di Ernesto si stanno separando affrontandosi duramente fra loro. Lui è un ragazzino emarginato che fatica a trovare amici e quelli che si presentano come tali forse non lo sono veramente; è contornato da adulti grigi e inesistenti, al punto che nel libro nessuno di loro ha un nome proprio, salvo il vecchio pescatore suo confidente.
Tofani sviluppa le pagine con il piglio del narratore di grande spessore e il passo del giallista consumato (non per niente la prima fatica dello scrittore toscano è un noir dal titolo “L’ombelico di Adamo”) che ha trovato il consenso entusiasta di Marco Malvaldi che ha detto “questo libro mi è piaciuto un casino. Non tanto. Un casino”.
Un gran bel libro per ragazzi, quindi? Sicuramente sì, ma non basta. Anche se l’editore Rizzoli lo ha inserito nella collana a loro dedicata, questo è un libro che appassiona e coinvolge in ogni stagione (forse perché riporta noi adulti all’età di dodici anni).
E “Ventimila leghe sotto i mari” “Moby Dick” e Tom Sawyer” sono forse libri esclusivamente per ragazzi, che noi adulti, ogni tanto, amiamo rileggere?