Il sindaco Ivana Gaveglio illustra le ragioni del “no” di Carmagnola all’ipotesi Sogin di realizzare a Casanova il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. “Offrono tanti soldi come compensazioni, ma il progetto non convince”.
“Il Carmagnolese” ha intervistato il sindaco Ivana Gaveglio in merito all’individuazione di Carmagnola tra i siti tecnicamente idonei a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Come si sta muovendo il Comune per contrastare l’ipotesi del deposito Sogin sul territorio?
Quando siamo venuti a conoscenza dell’ipotesi di Carmagnola tra i siti potenzialmente idonei, il 5 gennaio, abbiamo immediatamente contattato il presidente della Regione e il vicesindaco della Città metropolitana per il coordinamento delle azioni da compiere. Abbiamo iniziato a studiare le carte e, attraverso gli uffici, preso i primi contatti con esperti per predisporre le osservazioni che invieremo alla Sogin per rifiutare la proposta. Abbiamo votato all’unanimità in Consiglio Comunale un ordine del giorno che sancisce un fermo rifiuto a qualsiasi iniziativa legata alla costruzione di un deposito di scorie nucleari sul territorio carmagnolese: questo documento è stato inviato alle massime cariche dello Stato.
A livello politico abbiamo coinvolto tutti i parlamentari piemontesi affinché si facciano carico delle nostre istanze. Abbiamo cercato di informare i carmagnolesi e le persone interessate -compatibilmente con la situazione di limitazione legata al Covid- attraverso gli organi di stampa, i social, la raccolta firme. Abbiamo ricevuto la preziosa collaborazione dei Comuni vicini per la diffusione delle comunicazioni.
Attraverso quali argomentazioni pensate di opporvi al possibile deposito nazionale delle scorie nucleari sul territorio carmagnolese?
Dovremo rispondere in modo oggettivo e certo, per far escludere la zona di Casanova tra quelle idonee. Approfondiremo le argomentazioni su diversi temi, perché vi sono molti aspetti da porre in evidenza. La loro indagine si è sviluppata su 15 criteri che non hanno escluso la nostra città e quindi risultiamo potenzialmente idonei. Per alcuni di essi si produrranno dei dati chiari e aggiornati, in modo da rientrare nelle condizione di esclusione. In particolare il criterio 10 che riguarda la falda idrica, che oggi è certamente in prossimità del piano campagna e incompatibile con la fondazione di un deposito di tale entità.
Contesteremo la definizione di distanza adeguata, quantificata in un chilometro secondo Ispra, dai centri abitati, dalle aree naturali protette, dalle aree industriali e dalle vie di comunicazione a rischio di incidente rilevante.
Successivamente, affrontando 13 criteri di approfondimento, produrremo la documentazione relativa all’importanza naturalistica dell’area, evidenziando come il sito di interesse comunitario (SIC) vicinissimo alla zona individuata in realtà possa essere esteso proprio in corrispondenza di quei terreni, data la caratteristica propria del SIC, di essere cioè in continua evoluzione per le relazioni con le attività antropiche. Non certamente quindi solo per contrastare il posizionamento del deposito, ma per contribuire alla diffusione di alcuni habitat e alla salvaguardia di alcune specie protette che proprio lì possono sopravvivere.
Il criterio di approfondimento 11 ci consente poi di raccontare la specificità di questo territorio dal punto di vista agricolo -con le produzioni tipiche, gli investimenti privati e pubblici in ambito produttivo, la prospettiva futura del Distretto del cibo– e dal punto di vista storico, con la bellezza del sito dell’abbazia e delle cascine che la circondano. Su questo abbiamo veramente tanto da dire.
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Avete valutato eventuali aspetti positivi, a partire dalle compensazioni offerte al Comune?
Chi amministra è quotidianamente costretto a scegliere e, per fare le scelte giuste, a valutare attentamente gli aspetti positivi e negativi.
In questo caso sono prospettate compensazioni economiche, anche in modo consistente: sulla carta, infatti, si parla di 15 milioni di euro all’anno, per diversi anni. Praticamente significa coprire all’80% la parte corrente del bilancio di Carmagnola, quindi la valutazione va fatta eccome.
Lo studio in diverse parti pone l’accento sul fatto che si tratterà di un deposito sicuro, perché le modalità di costruzione e di conservazione garantiscono il completo isolamento delle scorie per più di 300 anni. Evidenzia un numero consistente di addetti in fase di costruzione, di esercizio e di mantenimento. Spiega come a fianco sarà posizionato un Parco tecnologico per la ricerca.
Lo studio non approfondisce gli aspetti negativi, a iniziare dal fatto che stiamo parlando di una discarica chiamandola deposito, dove saranno sì smaltite scorie a bassa e media attività (pur sempre 300 anni per il loro decadimento), ma anche conservate quelle ad alta attività per 50 anni.
Cita, in modo non troppo evidente, che il deposito deve essere posizionato in un luogo che non provochi sovradosaggio radioattivo nelle persone e propone immagini di alcuni siti realizzati o in fase di costruzione in Europa, ovviamente immersi in boschi o foreste e molto più lontani da centri abitati rispetto a quello di Casanova. Non dubita del fatto che, spazzando via attività e abitazioni, non si azzeri solo l’area ma l’economia di un’intera zona che comprende anche Comuni limitrofi. Non propone soluzioni di riutilizzo dell’area se pur fra 300 anni, perché ovviamente sarebbe definitivamente compromessa.
Sono a disposizione per capire le ragioni per dire “sì” al sito a Carmagnola nella pianura coltivata di Casanova: ad oggi, nessuno è stato convincente.
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