A Piobesi Torinese una diatriba sulla “celebre” panchina di Lena, in via Trieste, chiusa dalle autorità e riaperta con un blitz anonimo.
In via Trieste, a Piobesi, antico viale alberato che collega i due ponti sulla belaera (il Rio Essa che taglia in due il centro abitato), tre cose sembrano rimanere immutate nel tempo, elementi essenziali del paesaggio, tratti di pennello di un pittore naturalista: la scala in ferro che, incomprensibilmente, scende dalla cascina fin dentro al rio, le paperette che nuotano e starnazzano con allegati nonni e bambini sulla riva carichi di briciole di pane, e Lena sulla “sua” panchina che dispensa un saluto e un sorriso a tutti i passanti.
Lena, simpatica nonnina, dalla sua panchina lungo il viale ne ha viste molte di paperette ingrassare a forza di pane, di generazioni di nipotini crescere, di coppiette di adolescenti sul vicino ponte pomiciare.
E per tutti coloro che passavano davanti alla sua panchina, sempre un saluto e un sorriso, e per chi aveva tempo di fermarsi, sempre un discorso da intavolare.
Tutto sembrava immutabile, ma poi è arrivato Lui, il Coronavirus, e per due lunghi mesi la panchina di via Trieste è rimasta vuota e desolata, segno evidente per ogni raro passante che si stavano vivendo giorni sospesi, giorni fuori dal consueto scorrere del tempo.
Ma ecco che arriva lunedì 4 maggio 2020, inizia la Fase 2, e qualcuno spera possa davvero essere l’inizio del ritorno alla normalità. E la normalità, per via Trieste, è Lena sulla sua panchina.
Questo, però, oggi, ancora non è cosa saggia: anziani che chiacchierano su una panchina? No, non sono tempi adatti, vorrei ma non posso.
E quindi, vogliamo pensare “cum grano salis” sebbene a malincuore, giovedì 7 maggio le autorità si vedono costrette a intervenire e interdire l’utilizzo di tutte le panchine del paese, impedendo con il nastro bianco e rosso la seduta. Anche la panchina di Lena subisce, inevitabilmente, l’implacabile editto.
Ma la panchina di Lena nuovamente in lockdown, in poche ore diventa sui social il simbolo di una pacifica ribellione sociale, una protesta condivisa da molti non tanto verso chi, gli amministratori, ha il dovere di far rispettare le leggi, ma segno evidente di un comune sentimento di stanchezza verso le restrizioni e di forte desiderio di ritorno alla più ampia “normalità” possibile.
Al grido social di #iostoconlena e #lenalibera si radunano molti manifestanti virtuali, che, creando assembramento si, ma solo sulle linee internet, esteriorizzano il loro forte desiderio di “libertà”.
Un desiderio così palpabile che nella notte su venerdì si concretizza in un blitz rivoluzionario, si vocifera ad opera del locale GAP (Gruppo Azione Panchinara), volto a liberare la panchina di Lena dalle catene governative, con addirittura l’affissione alla panchina di un cartello con la scritta “libertà!”.
Insomma: Hasta la panchina, siempre!