Dall’Associazione Angeli di Ninfa arriva un allarme per alcune recenti situazioni che hanno visto i cani essere trattati (giuridicamente) come oggetti, senza considerarne anche l’uso terapeutico e i legami affettivi creatisi con le persone con disabilità.
Sul tema dei cani trattati (giuridicamente) come oggetti, riceviamo dall’Associazione Angeli di Ninfa e pubblichiamo:
Gli Assistiti dell’Associazione Angeli di Ninfa di Carmagnola, giovani e adulti con disabilità, alcuni dei quali necessitano di supporto intenso e costante, vivono esposti a un rischio a causa di una normativa inadeguata.
Il ruolo della relazione con gli animali non umani ha ormai assunto un ufficiale riconoscimento scientifico di importanza e comprovato valore.
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Con le loro particolari caratteristiche, i coadiutori animali inseriti nei progetti di servizio alla salute della Persona e della Comunità, determinano importanti progressi su ambiti diversi che spaziano da quello educativo a quello sociale, passando anche per la terapia vera e propria.
L’elemento cardine -l’ingrediente che permette un successo ormai documentato con ricco riferimento in letteratura e ricerche innumerevoli a disposizione di tutti- è la relazione che si stabilisce tra uomo e animale.
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Ebbene, il gruppo di lavoro sostenuto dai volontari, dai professionisti e soprattutto dalle famiglie e dalla Comunità di Carmagnola, grazie all’impegno degli Angeli di Ninfa, vive una situazione tremenda, come ogni altro in Italia nelle stesse condizioni.
Secondo la normativa vigente infatti –i cani e tutti gli altri animali da affezione, compresi quelli lavoratori, pur essendo senzienti e responsivi, pur partecipando attivamente e coinvolgendosi emotivamente ed empaticamente con le reti sociali- sono considerati oggetti. E come tali vengono gestiti.
Solo negli ultimi mesi sono stati protagonisti di amare vicende due degli animali impiegati nell’attività terapeutica dell’ampia e meritevole offerta di servizi dell’Associazione.
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Nel primo caso, a causa di un’emergenza veterinaria dai costi proibitivi, i proprietari della cagnolina in questione sono stati costretti a dover coprire entro 24 ore una parcella di oltre 1800 euro.
Le sole alternative possibili erano lasciar morire la cagnolina, sopprimerla pur essendo ancora giovane, oppure dover pagare ogni giorno di permanenza in struttura (con cifre dati 50 ai 110 euro al giorno) fino al saldo, con un’amplificazione del totale che lo avrebbe, di fatto, reso insostenibile.
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Per fortuna, grazie a una rete che si è subito attivata per organizzare una raccolta fondi, questo pericolo è stato sventato e il legame con gli ospiti dei centri diurni non sarà spezzato, continuando a portare loro enormi benefici.
Purtroppo non esistono polizze assicurative che tengano conto dello status di cane lavoratore e da servizio e assistenza e le organizzazioni che lavorano con numerosi cani si vedono arrivare proposte che a fine anno, ogni anno, supererebbero addirittura il costo di un’eventuale emergenza.
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Nel secondo caso, a causa di un cavillo normativo, una delle cagne che era inserita nei programmi di servizio a Carmagnola è stata invece purtroppo sottratta alla custodia dell’educatrice e conduttrice che si occupava del suo percorso, della sua formazione tecnica e cognitiva, e che se ne prendeva cura da due anni.
Le persone con disabilità del gruppo carmagnolese non la rivedranno più: il danno è inestimabile e colpirà ancora una volta chi ha già vite complesse e sfide difficili da affrontare ogni giorno.
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