Presentata un’indagine della Regione Piemonte sulla didattica a distanza: “La parola che più facilmente viene associata alla DAD è noia”.
È stato presentato al Salone del Libro di Torino -in occasione dell’evento “Nessuno mi chiedeva cosa pensavo io”- il risultato dell’indagine sulla scuola e sulla didattica a distanza svolta dall’IRES per iniziativa della Regione Piemonte, dal titolo “Benessere/disagio scolastico e dispersione”.
L’indagine -iniziata ad aprile di quest’anno- si è concentrata sul tema della DAD. Solo uno studente su due si è dichiarato “abbastanza soddisfatto” di come questa modalità di insegnamento sia stata organizzata dalla propria scuola.
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Hanno partecipato alla ricerca oltre 8.300 giovani, l’11% della popolazione studentesca. Il 77% di loro ha dichiarato di aver seguito tutte le lezioni, che in media hanno impegnato i ragazzi per 4 ore al giorno. Ma il 38% non ha amato questa modalità e la parola che viene più facilmente associata alla didattica a distanza è “noia”.
“Molti di loro hanno lamentato la mancanza di dialogo e l’impossibilità di avere un confronto sia in classe sia con i loro insegnanti -ha commentato Elena Chiorino, assessore regionale all’Istruzione- Il confronto è invece fondamentale per poter crescere, potersi strutturare e per capire come vogliono posizionarsi nella società. È stata una carenza rispetto alla quale bisogna lavorare per rimediare”.
La tendenza a non partecipare alle lezioni è stata più forte tra gli studenti degli istituti professionali in ritardo nel percorso di studi. Tra le note dolenti l’organizzazione del tempo e i problemi tecnici: uno studente su quattro non aveva a disposizone una stanza solo per sé dove studiare e ha dovuto condividerla con altri membri della famiglia.
Infine, uno studente su tre vorrebbe la DAD limitata ai casi di emergenza, mentre solo il 25% la vedrebbe integrata in condizioni di normalità.
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