I referenti locali di Italia Viva rilanciano sul tema della creazione del Distretto del cibo del Chierese e del Carmagnolese, sollecitando l’avvio della sua costituzione con una società a guida privata.
“Il Distretto del cibo del chierese e del carmagnolese diventerà il principale driver di crescita dell’occupazione in tutta la nostra zona alla fine dell’emergenza sanitaria e, pertanto, occorre la massima condivisione e partecipazione: finora tutti i promotori hanno condiviso principi ispiratori e obiettivi, ma nessuno si è espresso in modo chiaro sugli strumenti da utilizzare per realizzarlo“: così i referenti locali di Italia Viva rilanciano sul tema, proponendo una road map territoriale.
Secondo i renziani, nei prossimi mesi, nonostante il Covid, andrà organizzato un tour di presentazione che coinvolga tutti i 23 Comuni interessati, tra cui Carmagnola e Poirino, per illustrare l’iniziativa agli operatori economici e ai cittadini, per far conoscere il progetto e per raccogliere le pre-adesioni in modo che il progetto possa partire entro la fine del 2021.
“Subito il Distretto del Cibo per evitare il deposito dei rifiuti radioattivi”
“Su questo tema, in sedi diverse e da tempo, stanno lavorando sindaci e associazioni del territorio -commentano i referenti IV, Federica Zamboni e Pier Antonio Pasquero– Ci piacerebbe far fare un salto di qualità alla discussione e avviare un dibattito pubblico largo, che coinvolga istituzioni e cittadini, al fine di condividere la migliore organizzazione possibile a partire da alcuni temi chiave“.
La proposta avanzata include già alcune linee guida per dare vita a un Piano di Distretto, che abbia una sua Brand Identity e comprenda la creazione di un sito web e di una web tv, la promozione sinergica dei prodotti, un calendario unico delle manifestazioni, la collaborazione con la Facoltà di Agraria e le scuole agrarie del territorio, l’inserimento nei percorsi turistici di Alba e Torino, lo sviluppo di percorsi ciclabili, la mappatura di tutti i ristoranti e la creazione di un “Menù di Distretto”.
Per quanto riguarda la struttura societaria, Zamboni e Pasquero propongono di dar vita a una società di capitali privata (ad esempio una Srl) “in quanto, rispetto ad un’Associazione o una società a controllo pubblico, è preferibile, sia per garantire la necessaria continuità sia la forte azione innovatrice a tutto campo“.
Per rendere efficace il Distretto del cibo, inoltre, Italia Viva ritiene fondamentale che tale Srl sia dotata di un capitale consistente, stimato in almeno 500 mila euro -di cui 1,5 euro per abitante da parte dei Comuni- “per essere all’altezza della sfida, sin dalle prime mosse”.
Zamboni e Pasquero sottolineano quindi come la governance debba avere un forte radicamento territoriale e sia “affidata a imprenditori, con il supporto della struttura pubblica” -partendo da aziende agroalimentari, agricoltori, mondo della ristorazione e aziende ricettive- con un manager esperto nel ruolo di direttore generale esecutivo.
Che ruolo, invece, per gli Enti locali? “I Comuni promotori devono avere un ruolo forte ma minoritario, in modo che vi sia un ampio coinvolgimento di tutti gli operatori economici del distretto e di tutti i privati che vogliono sostenere l’iniziativa“.