Carmagnola: la CGIL contro le mafie in Piemonte “per la libertà nel lavoro”

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Partecipatissimo incontro agli Antichi Bastioni di Carmagnola organizzato dalla CGIL per parlare di mafie in Piemonte, con le conclusioni affidate a don Luigi Ciotti (Libera) e al segretario generale del sindacato, Maurizio Landini.

Una platea di relatori qualificati ha parlato di mafie in Piemonte nel corso dell’evento promosso dalla CGIL a Carmagnola

“Svegliati Piemonte” è lo slogan con cui si è chiuso l’appuntamento organizzato ieri a Carmagnola dalla CGIL sul tema delle mafie, per denunciare la pervasività e il radicamento delle cosche criminali anche nel territorio regionale.

Centinaia di delegati sindacali, nonché di lavoratori e di semplici cittadini, hanno affollato il salone degli Antichi Bastioni per assistere agli interventi dei numerosi e qualificati ospiti presenti sul palco e dire “NO” alla ‘ndrangheta, come riportato anche su centinaia di magliette distribuite durante l’evento.

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La CGIL ha denunciato anche i tentativi di infiltrazione da parte delle mafie nel sindacato

La sindaca Ivana Gaveglio ha portato il saluto della Città, ricordando come Carmagnola sia stata sede, anche nel recente passato, di importanti inchieste e processi relativi alla ‘ndrangheta.

«Abbiamo vissuto momenti difficili, anche per una diffusa mancanza di consapevolezza -ha sottolineato- Come Comune abbiamo deciso di costituirci parte civile anche per dare un segnale forte alla popolazione».

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Anche gli organizzatori hanno fatto notare come -nonostante le decine di inchieste della Magistratura che hanno scoperchiato la presenza pluriennale delle cosche sul territorio- si assista ancora oggi a una grave sottovalutazione del fenomeno, sia da parte della Politica che della società civile.

«Da sempre il sindacato denuncia gli effetti devastanti che l’infiltrazione mafiosa nell’economia produce sulla libera concorrenza e sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori», è la sintesi fatta dalla CGIL.

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L’intervento del segretario regionale della CGIL, Giorgio Giraudo

Giorgio Airaudo, segretario generale del Piemonte, ha rimarcato come le inchieste parlino «di un territorio presidiato dalla ‘ndrangheta e, in generale, dalle mafie», affermando che «non bisogna lasciare soli gli amministratori pubblici che spesso, come successo in questo Comune, quando denunciano subiscono delle conseguenze dirette».

Federico Bellono, segretario generale CGIL Torino, ha quindi ricordato che anche il mondo sindacale è permeabile all’infiltrazioni mafiose: «Per questo c’è bisogno di fare un salto di qualità e assumersi fino in fondo delle responsabilità, consapevoli che esiste una parte importante crescente del mondo del lavoro che sfugge alla legalità e dove i lavoratori sono vittime di un sistema che sfugge all’iniziativa sindacale».

Sullo stesso tema è poi tornato Antonio Di Franco, segretario generale degli edili: «Sappiamo che la mafia ha deciso di mettere le mani sui corpi intermedi», ha chiosato, con evidente riferimento anche alla recente operazione Factotum.

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Tra gli ospiti, ha preso per prima la parola la procuratrice generale della Repubblica di Piemonte e Valle d’Aosta, Lucia Musti, da oltre quarant’anni in Magistratura con un forte impegno contro le organizzazioni criminali.

«Oggi le mafie, soprattutto al nord, sono ad alta imprenditorialità, non si vedono, sfruttano gli emarginati (a partire dagli immigrati) anche tramite il caporalato e hanno capacità attrattiva anche rispetto a comunità normalmente estranee a fenomeni di questo genere», ha spiegato, sottolineando come «il salto di qualità da parte delle cosche avviene quando riescono a coinvolgere gli autoctoni, a partire da professionisti di alto livello».

Da qui l’appello a operare affinché la “mentalità mafiosa” non si propaghi: «Innanzitutto occorre non pensare di avere “gli anticorpi” solo perché si vive in una Regione dell’Italia settentrionale -ha sottolineato- Minimizzare il fenomeno, infatti, significa favorirlo».

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Landini e la procuratrice generale Musti sul palco

Il vice prefetto di Torino, Paolo Cosseddu, ha evidenziato come nell’ultimo triennio siano state adottate 90 interdittive, dato che «dimostra una presenza della mafia che viene fortemente contrastata ma che, allo stesso tempo, rimane comunque radicata sul territorio».

La parola è passata quindi al professor Rocco Sciarrone, docente di Sociologia delle mafie all’Università di Torino: «Le organizzazioni di questo genere, oggi, ricorrono meno all’uso della violenza e usano di più altre risorse e capitale sociale, che poi riescono a convertire anche in capitale economico -è stata la sua analisi- La loro presenza è sempre più estesa nell’ambito dell’economia legale, ma questo avviene grazie ai rapporti di continuità e di collusione che riescono a stabilire con il mondo dell’imprenditoria delle libere professioni e, non di rado, anche con quello della politica e delle istituzioni».

Salone degli Antichi Bastioni affollatissimo per l’incontro

Le conclusioni dei lavori sono state affidate a don Luigi Ciotti, presidente di Libera, e al segretario generale nazionale della CGIL, Maurizio Landini.

«Abbiamo bisogno tutti della nostra quota di responsabilità, e la responsabilità è la spina dorsale della democrazia di un Paese e della nostra Costituzione che non può restare scritta solo sulla carta, deve essere carne e vita -ha dichiarato don Ciotti- Il primo testo antimafia è la Costituzione italiana, che deve essere applicata fino in fondo».

Landini ha chiuso i lavori, dichiarando che «dobbiamo cambiare la situazione: ciò che si è affermato in questi anni è un modello di fare impresa che non solo sfrutta ma uccide le persone, attraverso i morti sul lavoro che continuano ogni giorno, un modello che favorisce l’elemento di competizione, giocato sulla riduzione dei diritti, dei salari e naturalmente sulla possibilità di non avere limiti al profitto. In questo contesto è chiaro che il livello di corruzione aumenta, anche a causa del sistema legislativo che si è affermato in questi anni».

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[foto-servizio de “Il Carmagnolese”, utilizzabile con citazione e link]